Centro ottico o Ottico al centro?

Dal numero di Vedere International – Vedere Italia N.5 2021

“Un mondo tutto intorno a te” diceva la pubblicità di un istituto bancario in cui con un bastone il protagonista disegnava intorno a sé un cerchio. Oltre alla pubblicità quel gesto mi è sempre piaciuto non perché segna un confine, ma perché disegna il ruolo centrale che ognuno di noi dovrebbe avere nella propria vita personale e anche professionale. La salutare, naturale e umana intersezione con altri mondi non dovrebbe, per quanto complessa e necessaria, snaturare quel cerchio spostando la punta del compasso. In un mondo ideale ognuno dovrebbe essere sempre il protagonista di quello spazio circolare.

In questo 2021 che galoppa, abbiamo necessariamente girato pagina o meglio siamo andati avanti – l’unica direzione possibile – e adesso viviamo già negli effetti del cambio di rotta, nella piega delle cose dopo la svolta, nel risultato del tempo che passa e sedimenta le nuove esperienze. La riflessione che voglio condividere con voi riguarda quel cerchio e il punto centrale che cade a strapiombo sulla testa di ogni ottico che si definisce tale. 

Post-pandemia la visione di ciò è ancora più nitida.

Ammettiamolo, gli ottici nella difficoltà del momento si sono un po’ riscoperti in quel ruolo “necessario” che ha svegliato un istinto primordiale di questo mestiere, quello di essere il perno della propria attività, la puntina del compasso su cui fare leva per disegnare il cerchio intorno al proprio mondo. Un ruolo offuscato e un po’ dimenticato dai protagonisti (gli ottici) e invece oggetto di grande interesse per fornitori e per tutta la galassia di consulenti che gravita intorno a quel cerchio. Sono anni che in maniera sempre più insistente nella comunicazione ai clienti delle nostre attività su vari media tradizionali e digitali, tutti i “gravitanti” chiamano i negozi di ottica partner “i mie/nostri centri ottici”. Oltre all’orticaria che confesso mi assale ogni volta che noto l’uso improprio di tale espressione, trovo che non ci sia niente di più sbagliato che utilizzare un aggettivo possessivo laddove esiste un normale scambio commerciale che semplicemente non sposta proprietà e competenze verso chi ti offre un prodotto che tu selezioni o ti offre un servizio che tu paghi. 

E’ mia convinzione che il ruolo dell’ottico sia fortemente cambiato la prima volta che ha perso la sensazione di sentirsi al centro del proprio mondo diventando un “centro ottico” e non l’ottico “al centro” della propria attività. Il preciso momento in cui ha deciso di non entrare in una decisione, in una selezione, in una comunicazione, in una qualsiasi scelta che definisse la sua attività perché ha accettato il “chiavi in mano”. Non sto parlando della necessità di fare tutto da soli, crescere vuol dire collaborare e la capacità di delega è altrettanto importante e fondamentale quanto la centralità del ruolo. Sto parlando della necessità di trovare sempre il tempo di guardare con attenzione ogni singolo aspetto che definisce ciò che sta nel cerchio di nostro appannaggio anche e soprattutto quando nelle proposte commerciali di fornitori e consulenti si opera sull’identità dell’attività.

Sto parlando della curiosità sana di capire cosa c’è dentro, dietro, sopra, sotto e a lato di tutte le cose che arrivano in negozio o nelle azioni che ci propongono di fare su cui campeggerà il nostro nome.

Che lo sguardo sia diretto o indiretto, perché le attività sono grandi e i nostri occhi si moltiplicano in quelli dei collaboratori, lo scopo di entrare in tutte le scelte dovrebbe essere difeso a spada tratta. Il business, il mondo che cambia, la tecnologia, le strategie sopra le nostre teste hanno spostato l’attenzione non sulle scelte ma sui numeri, sugli zeri in più del “chiavi in mano”, sul minimo sforzo massima resa facendo leva sulle difficoltà della realtà sempre più intricata che ci hanno costruito intorno.

Attenzione!!! Che sia chiaro: non sto demonizzando il guadagno, anzi, senza di esso nessun lavoro si può chiamare tale. Ma sono convinta che i soldi senza il valore di tutto ciò che si fa per rendere il proprio lavoro denso di significato, senza lo spessore dell’etica di sapere ciò che si vende fino a garantirlo e risponderne in prima persona, senza la gratificazione personale di aver tratto esperienza dal successo della selezione di un prodotto, dalla risposta a una comunicazione pensata e ragionata, dalla soddisfazione di avere risolto un problema al cliente anche solo con una riparazione, siano davvero poca cosa. 

La scarsa attenzione e curiosità, la mancanza di scelte e di sguardi diretti hanno portato tutto il mondo che prima comunicava ai clienti finali attraverso gli ottici a farlo in prima persona spostando decisamente quel compasso e tutto il cerchio intorno a se stessi. Spesso quando mi fermo a parlarne con qualcuno del settore mi sento dire “le aziende, i consulenti lo fanno perché gli ottici non ne sono più capaci”. Certo mi dico, non lo sono più perché di fronte ai cambiamenti sono stati invitati a tacere e non interessarsi di molte cose negli ultimi 20 anni, sono stati deviati da tutte le scelte di loro appannaggio che non hanno quindi operato e adesso la giustificazione addotta allo spostamento della centralità è che sono “incapaci” di sostenerla.

Non ci sto.

Il linguaggio utilizzato da chi si è posto al centro del cerchio ha abituato i clienti finali a conoscere i prodotti “spacchettati” ossia solo lenti o solo montature in modalità superveloce e la sintesi e la velocità li ha portati a valutare in base ai numeri: sconti in base all’età, omaggi e moltiplicazioni del prodotto formato famiglia. Nelle comunicazioni commerciali vengono sintetizzati aspetti tecnici e prestazioni di prodotti altamente tecnologici difficili da trasferire in modalità fast & chic; montature visceralmente legate alla  moda, che devono rispettare i trend dei vip o di chi le propone, i “must have” che spostano l’interesse dall’individuo alle tendenze costruite a tavolino, il tutto  nello spazio di uno spot, di un post, di un tweet, di una story, di un reel. Internet nel bene e nel male ha fatto tutto il resto. Il risultato di tutto ciò è un mercato inquinato dove chiunque può entrare millantando qualità e prestazioni, tanto basta dirlo nella maniera spettacolare, accattivante, trendy, veloce e easy a cui i clienti finali sono stati abituati. Adesso spuntano come funghi  realtà che affiliano ottici che fanno i dipendenti nei loro stessi negozi, offerte di occhiali ridicoli che banalizzano tutto il mondo meraviglioso che attiene alla visione e al benessere visivo, prodotti spazzatura che non vale nemmeno la pena di commentare.

Cosa e quanto perdiamo in tutto questo mondo decentrato?

Tantissimo. E la cosa più assurda è che ci perdiamo proprio tutti.

Gli occhiali non sono pane. Non si comprano tutti i giorni anche se le esigenze di oggi rendono necessario averne svariati per scopi diversi, non sono comunque un acquisto quotidiano, come il pane appunto. Se prima era necessario avere del tempo per spiegare e trasferire concetti tecnici ai clienti oggi ce ne vuole ancora di più perché i clienti sono più partecipi, più informati, più curiosi….loro sì che entrano in tutte le cose che acquistano (a volte anche troppo!). Per fortuna gli ottici “al centro” esistono ancora. Si siedono pazienti al banco  con i clienti di fronte e trasferiscono filtrando come un setaccio (somma e sintesi di esperienza, competenza, etica e professionalità)  tutti gli argomenti tecnici, di innovazione tecnologica lasciandoli fruire in un linguaggio versatile ed empatico in uno spazio senza pubblicità. I clienti che comprano gli occhiali ascoltano, fanno tantissime domande a cui seguono tantissime risposte, si fidano e si affidano. Il lavoro è completo, la dedizione anche, il servizio, la consulenza post vendita, il supporto nella manutenzione o in emergenza. Una lentezza che paga chi lavora perché lo fa bene e chi acquista perché si garantisce un ottimo prodotto finale, sintesi di competenza nel progettare, studiare, assemblare e rendere efficiente con il proprio lavoro tecnologici gioielli oftalmici supportati dall’abbinamento a montature di qualità, belle, durevoli, adatte al cliente e a tutte le sue esigenze. Tutti i “componenti” vivono perfettamente in sintonia tra loro grazie al lavoro centrale dell’ottico, altrimenti sono componenti e basta.

In conclusione, nella consapevolezza che i tempi sono cambiati e la frammentazione della comunicazione è oramai un processo da cui non si torna indietro, è fondamentale che tutti gli attori del settore prestino molta attenzione e preservino il ruolo centrale degli ottici senza cedere alla tentazione di sostituirsi a loro. Sarebbe opportuno che ciò accadesse realmente e non solo a parole e fumo negli occhi, perché conviene anche a loro. Il rischio è di ritrovarci tutti come tante scatole vuote al posto dei negozi, non più cerchi virtuosi ma grandi cubi facilmente impilabili pronti per essere catalogati e contati…..a meno che lo scopo non sia proprio questo!

Certo, è sempre più difficile per gli ottici lavorare al centro del proprio negozio senza rischiare di essere risucchiati dalla forza gravitazionale in atto. A fare da contraltare alla succitata miriade di iniziative di bassa lega, esistono tanti  giganti alcuni dei quali oggi allungano i tentacoli in ogni direzione nel nostro settore affondando le mani nella “terra viva” dell’ acetato leader mondiale, nel settore della formazione d’eccellenza. Loro mi piace guardarli con rispetto dritto negli occhi come colleghi indipendenti con un gran mucchio di soldi. 

I soldi hanno un unico scopo nella loro vita: comprare. 

Possono comprare però solo quello che si vende.

Per tutto il resto… ci sono ancora ottici con i loro negozi intorno.

Gentili clienti, vi informiamo che il negozio resterà chiuso Giovedì 25 Aprile e Mercoledì 1 Maggio.